Da sin. Fabio Ferzetti, Valentina Carnelutti, Abraham Yehoshua e Ludovia Fales (interprete)

L’occasione è stata la consegna di un premio prestigioso, il Premio Ravesi – Dal testo allo schermo, assegnato ogni anno dal Comitato d’onore del  SalinaDocFest a un grande scrittore internazionale. Nell’edizione dedicata alle (R)esistenze a vincerlo è stato Abraham Yehoshua che, nell’incontro pubblico con Fabio Ferzetti, ha svolto una serie di considerazioni di stretta attualità che abbiamo annotato.

La consegna del Premio Ravesi ad Abraham Yehoshua. Nella foto, con Giovanna Taviani, Giuseppe Siracusano (hotel Ravesi)

“In Israele avremo le elezioni il 17 settembre, ora la situazione è molto complessa e l’opzione dei due Stati ora non è più possibile perché Benjamin Netanyahu si è alleato con le frange più estremiste. Nel nostro paese ci sono circa due milioni e mezzo di palestinesi. Con loro potremmo sconfiggere Netanyahu, ma molti di loro sono disillusi e spesso, purtroppo, non votano. Se ci fosse unione ci sarebbe la possibilità di risolvere il conflitto.
Personalmente penso che l’insistenza sulla memoria e la ‘troppa memoria’ diventa uno strumento non sempre valido perché la politica dell’identità può bloccare la società. Con un eccesso di memorie si rischia di rimanere impantanati nella memoria. All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, tutti volevano dimenticare la Shoah e per andare avanti era necessario mettere un punto. Poi, però, c’è stata un’inversione di tendenza. La memoria è utilizzata spesso come alibi per proteggerci dalla sofferenza che noi israeliani infliggiamo agli arabi e ai palestinesi”.

“Personalmente – ha proseguito Yehoshua – sono sempre stato per la soluzione dei due Stati. Per me la soluzione vera è dare la cittadinanza ai due milioni e mezzo di palestinesi che vivono in Israele. Nel nostro paese i mestieri militari sono interdetti agli arabi. È un paese minacciato ma, a parte questo, gli arabi fanno tutti i lavori. Sfortunatamente si parla sempre meno arabo. Oggi si comunica in ebraico. All’inizio della nascita di Israele si parlava arabo e c’era una cultura orientalistica diffusa. I primi che arrivavano dall’Europa volevano capire la cultura dei propri vicini di casa. Poi la situazione è cambiata e ora l’arabo lo si studia per lo più per motivi strategico-militari”.

Parlando del suo lavoro di scrittore e del suo ultimo romanzo, Il tunnel, Yehoshua ha raccontato che la storia è nata un’idea sua e di Amos Oz. Toccante il reading di Valentina Carnelutti che ha interpretato in pubblico alcuni brani tratti da Il Tunnel e da Un divorzio tardivo.