“Una pellicola in parte bruciata dal sole dell’isola e, sembrerebbe, abbandonata in un cespuglio di cappero…” Era il 2006 quando Roberto Intorre vide per la prima volta il logo del nascente SalinaDocFest che il grafico Arturo Giusto aveva appena realizzato. E lo interpretò appunto così: una pellicola bruciata – destinata, chissà, a essere restaurata e recuperata – un cespuglio di capperi, l’isola di Salina. Già quel ragionare attorno alle intenzioni di un artista è in fondo una forma d’arte. Intorre – architetto di formazione, artigiano per scelta, “architetto del gioiello” – si mise al lavoro per realizzare la targa del “cappero d’argento” che, da quella prima edizione del SDF, viene data ai vincitori dei “premi fondativi” del festival del documentario narrativo: il Premio Tasca d’oro, il Premio Signum e il Premio Ravesi

Premio Tasca D’Almerita a Beatrice Segolini e Maximilian Schlehuber

Ecco come la descrive: “La targa in argento 800/000 è adagiata su una stoffa teatrale amaranto, esattamente quella dei sipari e contornata da una cornice, pensata ad hoc e realizzata artigianalmente, in nero opaco, per richiamare le atmosfere degli scenari di un teatro. Credo, in questo modo – dice -, di aver reso il giusto tributo prima di tutto all’arte di quanti partecipano, a vario titolo, al Festival spendendosi senza riserve in ogni settore. Ma anche al creatore del logo e all’isola di Salina che si rivela, anno dopo anno, ospite eccellente ed affascinante”.

Nel suo laboratorio di Palermo, Roberto Intorre da anni svolge una ricerca volta a concretizzare una “architettura del gioiello” intesa nelle sue più svariate e peculiari accezioni. I suoi lavori si ispirano e narrano la Sicilia e la sicilianità nelle sue sfaccettature, a partire dai materiali per proseguire con le narrazioni e le tradizioni. I suoi gioielli, interamente realizzati a mano, sono pensati e progettati per armonizzarsi con la personalità di chi li indossa, sottolineandone i molteplici aspetti. Diventano così un tratto identitario dell’individuo.

Un curriculum prestigioso. Intorre ha collaborato col Centro de Joalharia do Porto, con l’Accademia Belle Arti di Trapani, con la fondazione Teatro Massimo e Teatro di Verdura, con la Galleria di Architettura di Palermo e con la Triennale di Milano. Recentemente la sua collezione “Gocce di Magma” è stata scelta dal British Museum di Londra per rappresentare l’artigianato di eccellenza ispirato all’identità siciliana, nell’esposizione “Sicily: culture and conquest”.

Un artista internazionale. Ma con Salina il palermitano Roberto Intorre ha un rapporto speciale. Nel 2017 ha inaugurato l’XI edizione del SDF con l’istallazione il “Viaggio Meraviglioso” dedicata al Cinquecentenario de l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. L’Opera contiene nove Icone Gioiello, ognuna delle quali rappresenta una tappa del percorso dell’Ippogrifo verso la Luna. Queste Icone – che ricordano architettonicamente i teatri dell’opera dei pupi in cui i personaggi sono “gioielli indossabili” – hanno anche ispirato due nuove targhe che si affiancheranno a quelle col cappero d’argento nella prossima edizione del Festival.

Roberto Intorre, la lavorazione dell’Ippogrifo

“Mi capita di sentirmi dire, da chi entra nel mio laboratorio, della scoperta di nuovo universo, cui non sapeva di appartenere. In realtà trova casa. Ciò che provo a raccontare sono sempre storie universali, emotive, paradigmatiche di ciò che ci circonda. Le storie di una terra al centro del mondo. Una terra spugna, la Sicilia, che ha trovato il suo modo di resistere assorbendo e trasformando creativamente ciò da cui altri si sarebbero sentiti invasi. La Sicilia che resiste prendendo le storie e le emozioni sul palmo della mano e le strizzandole con forza. Ne raccoglie il succo e ne fa pozione magica. Viviamo in un grande laboratorio alchemico di cui ignoriamo tutte le potenzialità. È una scoperta continua in cui non sempre la logica e la coerenza aiutano. A volte bisogna semplicemente avere il coraggio di cambiare idea, rimodulare il pensiero, riformulare il progetto. Mettersi in una posizione di bilico, di incertezza…di pericolo. E creare”.

Questo punto di vista, che è stato alla base della elaborazione del “Viaggio Meraviglioso” di Orlando, due anni dopo incontra la XIII edizione del Festival dedicata alle (R)esistenze. Come se l’avesse in qualche modo immaginata. “Il fatto è – conclude Intorre – che Orlando è un uomo con un’umanità spicciola, chiara, evidente. I suoi umani pregi e umani difetti sono lì. Lui ha il coraggio della verità. E nella sua follia si spoglia delle sue certezze, di tutto ciò che è stato. Ma è solo un rito di passaggio per ri-esistere, per ri-trovare il proprio senno finito sulla Luna insieme a quello di tanti altri, in ampolle tutte uguali… perché la spiritualità non ha colore e non ha nazione. I personaggi del Furioso sono solo un pretesto per un racconto di singole vite che cavalcano gli eventi, soccombendo a volte e rialzandosi nonostante tutto. È un gioco. Perché è un gioco anche la vita”.